Halloween e rave: quando Carpi balla tra ordine e caos


Halloween e rave: quando Carpi balla tra ordine e caos

Cari lettori, ieri la nostra amata pianura padana ha offerto uno spettacolo degno di un trattato di antropologia urbana. Da una parte Carpi Lab che si aggiudica 120mila euro per rianimare il centro storico, dall'altra cinquemila anime danzanti che invadono l'ex stabilimento Bugatti di Campogalliano. Due facce della stessa medaglia: la ricerca disperata di comunità in tempi di solitudine digitale.

L'ironia del destino vuole che mentre i nostri amministratori investono cifre considerevoli per creare "magia natalizia" controllata e programmata - luminarie, casa di Babbo Natale tra il Torrione degli Spagnoli e il Teatro, laboratori per bambini debitamente organizzati - a pochi chilometri di distanza migliaia di giovani si autoorganizzano spontaneamente in quello che un tempo era il tempio dell'eccellenza automobilistica italiana. Bugatti, che produceva bolidi da sogno, ora ospita bolidi umani in cerca di evasione.

La vicenda di Campogalliano e la gestione dell'emergenza rave ci racconta molto del nostro tempo. La sindaca Tebasti, con encomiabile senso di responsabilità, coordina Prefettura, Forze dell'Ordine, Vigili del Fuoco e ASL per gestire un evento "imprevisto". Ma imprevisto davvero? In un'epoca in cui i luoghi dell'abbandono industriale diventano automaticamente teatri di riappropriazione giovanile, forse dovremmo interrogarci sulla prevedibilità dell'imprevedibile.

Carpi Lab, nel frattempo, rappresenta l'istituzionalizzazione virtuosa del divertimento. Nata dalla fusione con Carpi C'è (già il nome evoca un'esistenza militante), questa associazione incarna il trionfo della programmazione culturale dal basso che dialoga con l'alto. Valentina Martino, 26 anni ed entusiasmo generazionale, annuncia "il primo anno in cui abbiamo un programma natalizio bello pieno e ben comunicato". L'aggettivo "bello" tradisce una spontaneità che sopravvive alla burocratizzazione dell'evento.

C'è qualcosa di profondamente simbolico nel fatto che ieri Carpi offriva ai cittadini Rossini, archeologia e cinema d'autore, mentre a Campogalliano cinquemila persone sceglievano musica elettronica e autogestione. Non è questione di qualità culturale - sarebbe snobismo facile - ma di modalità di fruizione. Da una parte l'esperienza culturale come servizio erogato, dall'altra come conquista collettiva di spazio e tempo.

L'ex stabilimento Bugatti diventa così metafora involontaria della nostra epoca: i luoghi dove si produceva futuro automotive ospitano ora i rituali tribali della generazione post-industriale. Le autorità parlano giustamente di "identificazione sistematica delle persone" e "accertamento delle responsabilità", ma forse dovremmo chiederci perché cinquemila giovani sentano il bisogno di ritrovarsi in un capannone dismesso piuttosto che partecipare agli eventi programmati dalle istituzioni.

Non fraintendetemi: l'operazione Carpi Lab merita plauso sincero. L'Hub Centro Storico, la collaborazione tra Comune, associazioni di categoria e Forum 1344 rappresentano un modello virtuoso di governance culturale. Il sostegno a 360 gradi dell'amministrazione - contributi, attrezzature, patrocini - dimostra lungimiranza politica. Ma la contemporanea esplosione del rave di Campogalliano ci ricorda che esiste sempre un margine indomabile del desiderio collettivo.

Carpi si trova così a essere laboratorio involontario di due modelli di aggregazione: quello istituzionale, che trasforma il centro storico in palcoscenico di festa programmata da Halloween all'Epifania, e quello spontaneo, che irrompe negli spazi abbandonati dell'archeologia industriale. Entrambi legittimi, entrambi necessari. La sfida per una città matura è riuscire a dialogare con entrambe le energie, senza demonizzare né addomesticare completamente l'una o l'altra. Perché una comunità vitale ha bisogno sia di Rossini al Teatro che di techno alla Bugatti. L'importante è che nessuno blocchi definitivamente il traffico.