aMo, la caccia al tesoro continua: nel mirino anche i dirigenti


aMo, la caccia al tesoro continua: nel mirino anche i dirigenti
Il caso che ha scosso l'Agenzia per la Mobilità di Modena si allarga: dopo aver messo nel mirino l'ex dipendente accusata di aver sottratto oltre mezzo milione di euro, ora Andrea Bosi, amministratore unico di aMo, punta i riflettori anche sui dirigenti che avrebbero dovuto vigilare. Una storia che sa di beffa doppia: prima ti rubano in casa, poi scopri che chi doveva fare da guardiano forse dormiva.

I numeri del danno

Le cifre fanno impressione: 515mila euro spariti dalle casse pubbliche dal 2018 al 2025. Di questi, ben 448mila euro sono già oggetto di un decreto ingiuntivo ottenuto dal Tribunale di Modena contro l'ex dipendente, con tanto di provvisoria esecuzione già concessa. Il precetto è stato notificato e la macchina giudiziaria è in moto. Ma Bosi non si accontenta: vuole recuperare fino all'ultimo centesimo del maltolto. E per farlo, ha chiesto ai legali di scandagliare le responsabilità di chi all'epoca aveva ruoli di comando e controllo. Perché se una dipendente riesce a portare via mezzo milione in sette anni, qualcuno sopra di lei evidentemente non stava guardando nel posto giusto.

Il parere dei legali: ci sono gli estremi

Il documento prodotto dai consulenti legali di aMo non lascia spazio a interpretazioni: esistono i presupposti per esercitare l'azione di responsabilità sociale contro chi ricopriva ruoli apicali e dirigenziali negli anni dell'ammanco. Il tutto basandosi su un'analisi dettagliata dei ruoli, dei poteri statutari e degli obblighi di controllo che ciascuno aveva. Mercoledì 16 dicembre sono partite le lettere di messa in mora ai soggetti interessati. Un primo avviso, elegante ma fermo: "Cari signori, qui qualcosa non quadrava e voi dovevate accorgervene". Se non dovesse bastare, l'assemblea dei soci potrebbe autorizzare l'azione giudiziaria vera e propria.

La lezione della trasparenza

Quello che colpisce di questa vicenda non sono solo i numeri, ma il metodo con cui è stata gestita. Le irregolarità furono scoperte già nell'aprile 2024 durante verifiche interne di trasparenza volute dal direttore Roberto Bolondi. Un bonifico sospetto ha fatto scattare l'allarme, portando poi a una relazione di oltre 300 pagine che ha mappato tutti gli ammanchi. aMo ha nel frattempo rafforzato i controlli interni, assumendo due nuove unità per l'ufficio amministrativo e collaborando con l'associazione Avviso Pubblico per redigere un Codice Etico. Bosi, neo-vicepresidente nazionale dell'associazione, ha fatto della legalità il suo cavallo di battaglia.

Un giudizio senza sconti

La storia di aMo è paradigmatica di come certe disfunzioni possano annidarsi negli enti pubblici quando mancano controlli incrociati e trasparenza. Che una dipendente riesca a sottrarre oltre mezzo milione in sette anni la dice lunga su un sistema di vigilanza che evidentemente aveva più buchi di un colabrodi. Bosi sta dimostrando il giusto piglio nel voler recuperare tutto e nel chiamare alle proprie responsabilità chi doveva controllare e non l'ha fatto. Perché i soldi pubblici non sono di nessuno, ma sono di tutti. E chi li amministra ha il dovere sacrosanto di tenerli al sicuro, non di lasciarli in giro come caramelle in un asilo. La lezione è chiara: trasparenza e controlli funzionano. Il resto sono solo chiacchiere da bar.
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