Bombe sulla mobilità pubblica: quando la Corte dei Conti alza la voce


Bombe sulla mobilità pubblica: quando la Corte dei Conti alza la voce
Giovedì 27 novembre, nella sede della Provincia di Modena, si è consumato uno di quei convegni dove l'aria si taglia con il coltello. Protagonista Marcovalerio Pozzato, presidente della sezione Controllo della Corte dei Conti dell'Emilia Romagna, che ha sparato a zero sulle società partecipate del territorio. E quando la Corte dei Conti parla, è meglio ascoltare con attenzione.

La platea dei grandi elettori

In sala c'era il gotha dell'amministrazione locale: il sindaco Massimo Mezzetti per Modena, Riccardo Righi per la nostra Carpi, Letizia Budri per Mirandola e Caterina Bagni per Soliera, insieme al presidente della Provincia Fabio Braglia. Un parterre de rois che si è trovato di fronte a una lezione di diritto pubblico che sapeva più di processo che di convegno. Qualcuno in sala, racconta chi c'era, si è portato addirittura i popcorn. Altri invece sembravano decisamente meno divertiti, con scambi di sguardi che valevano più di mille parole. Perché quando Pozzato ha iniziato a parlare, le sue parole hanno fatto più rumore di una bomba carta in piazza Martiri.

La deriva del profitto

«Quando parliamo di società partecipate», ha spiegato il presidente, «parliamo di territori di confine tra il pubblico e il privato». Fin qui, tutto normale. Ma poi è arrivato il punto dolente: «In alcuni casi la sostenibilità economica deborda nel fine di lucro, e nel momento in cui assistiamo a un aziendalismo spinto, i bisogni dei cittadini rischiano». E qui Pozzato ha fatto nomi e cognomi, puntando il dito contro SETA, l'azienda di trasporto pubblico che dovrebbe portare in giro noi cittadini della provincia modenese, Carpi compresa. Il problema, secondo la Corte dei Conti, è nato quando sono entrati nella società «soggetti diversi rispetto ai tre soggetti originari», ovvero la bolognese TPER che, pur rappresentando la minoranza degli azionisti, di fatto comanda la baracca.

Il paradosso del controllo pubblico

Tecnicamente il 50,51% delle quote è in mano agli enti pubblici, ma nella pratica è TPER (attraverso la controllata Herm, di cui possiede il 95%) a dettare le regole del gioco. Un paradosso che fa venire l'orticaria a chi crede che i servizi pubblici debbano servire prima di tutto i cittadini e non gli azionisti privati. «Il problema», ha chiarito Pozzato senza mezzi termini, «è che nel momento in cui entrano altri soggetti, questi esprimono esigenze industriali, che sono del tutto estranee al tema originario: dare al cittadino modenese un servizio rispondente alle sue aspettative».

Le "situazioni patologiche" di Modena

E poi è arrivata la stilettata finale: «A Modena sono emerse situazioni critiche e patologiche, perché qui il territorio ha avuto il coraggio di affrontarle». Una frase che suona come un riconoscimento al coraggio degli amministratori locali, ma anche come un severo monito su quanto la situazione sia degenerata. La critica di fondo è chiara: quando i privati entrano nelle società partecipate per fare business, i cittadini finiscono per pagare il conto. Non solo in termini economici, ma soprattutto in qualità del servizio. E questo vale per gli autobus che dovrebbero portare i nostri figli a scuola, così come per tutti gli altri servizi essenziali.

L'avvertimento finale

«Io non sono un amministratore», ha concluso Pozzato con un sorriso che non prometteva nulla di buono, «e non vi dirò mai cosa dovete fare, ma vi dirò solo se è conforme alla legge». Tradotto dal burocratese: attenti a come vi muovete, perché abbiamo gli occhi puntati su di voi. Un avvertimento che arriva in un momento delicato, mentre in Regione si sta decidendo il futuro del trasporto pubblico locale. La partita in gioco è la creazione di una holding che dovrebbe riunire tutte le aziende provinciali sotto l'ala di TPER. Proprio quella TPER finita nel mirino della Corte dei Conti per aver trasformato un servizio pubblico in un'operazione industriale.

Il nodo irrisolto

Alla fine, la questione è semplice come bere un bicchier d'acqua: i servizi pubblici devono servire il pubblico, non arricchire i privati. E quando questo principio viene meno, a pagarne il prezzo sono sempre i cittadini. Quelli che aspettano l'autobus sotto la pioggia, che vedono tagliate le corse serali, che si ritrovano con mezzi vecchi e servizi scadenti. La Corte dei Conti ha alzato la voce. Ora tocca agli amministratori decidere se continuare a fare finta di niente o se è arrivato il momento di rimettere l'interesse pubblico al centro delle scelte. Perché, come dice un vecchio proverbio della nostra terra, chi ha orecchie per intendere, intenda.
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