È arrivato il momento di tirare le somme. E i conti, stavolta, sorridono alla Diocesi di Carpi: 207.386 euro finiscono nelle casse ecclesiastiche, frutto di quel famoso 7 per cento degli oneri di urbanizzazione secondaria che il Comune è tenuto a destinare agli enti religiosi. Una fetta di torta che, fino a marzo scorso, rimaneva nel limbo burocratico, in attesa che qualcuno si decidesse a scrivere le regole del gioco. La legge regionale 186 del 2018 aveva tracciato la strada, ma serviva un regolamento comunale per renderla percorribile. Finalmente, dopo anni di attesa, 332.921 euro sono stati messi a bando: la somma accumulata dal 2019 al 2024, pronta per essere redistribuita a chi sapesse presentare progetti convincenti. E qui inizia la parte interessante della storia. Perché non tutti i sogni ecclesiastici sono diventati realtà. La Chiesa della Santissima Trinità a Cibeno, che puntava a 238mila euro per la sua costruzione, si è vista respingere la richiesta. Stesso destino per i 37mila euro destinati alla ristrutturazione di un alloggio diocesano in via Rocca. Il motivo? Il regolamento è chiaro come il suono delle campane: i soldi vanno solo per "interventi di riuso e rigenerazione urbana" che riguardino edifici di culto esistenti, meglio se hanno un valore monumentale e storico-culturale. Tradotto dal burocratese: si restaura l'antico, non si costruisce il nuovo. Una filosofia che ha premiato chi aveva progetti di manutenzione piuttosto che ambizioni architettoniche. Così la Sacrestia della Cattedrale si è aggiudicata per intero i suoi 47mila euro, mentre la casa dell'ex campanaro di Budrione ha ottenuto i 17mila richiesti per rimettersi in sesto. Per gli altri interventi – dal miglioramento sismico del Corpus Domini alla manutenzione del centro pastorale Santa Clelia, fino all'installazione di nuovi impianti sempre nella Santissima Trinità e la sostituzione del riscaldamento in San Giuseppe Artigiano – sono arrivati contributi parziali. Il tecnico incaricato della selezione ha distribuito con oculatezza, premiando la sostanza sulla forma. È la prima volta che questa nuova procedura va a regime, e il risultato dimostra che, almeno stavolta, i controlli hanno funzionato. I soldi pubblici vanno dove serve davvero: a mantenere in piedi il patrimonio storico della città, non a realizzare nuove ambizioni. Un principio saggio, che anche il più scettico dei contribuenti può apprezzare. Dopotutto, quando si tratta di mattoni antichi che raccontano la storia di Carpi, la distinzione tra sacro e profano diventa meno importante del dovere di conservare la memoria collettiva.