Ieri Carpi si è svegliata con la consueta collezione di paradossi che caratterizza la nostra epoca: tra tragedie vere e allarmi gonfiati, tra progetti che si perdono nella burocrazia e vite che si spezzano nel silenzio di una mattina qualunque. È il ritratto di una città che fatica a distinguere tra l'essenziale e il superfluo, tra ciò che merita davvero la nostra attenzione e quello che invece la distrae.
Il destino che non aspetta di Beniamino Malavasi ci ricorda con brutalità che le vere tragedie arrivano senza preavviso. Un uomo di cinquantuno anni, padre, marito, cultore appassionato, fondatore del circolo Fozio, si spegne mentre accompagna il figlio a scuola. La sua storia - quella di chi credeva nel servizio pubblico, nella cultura come strumento di crescita, nell'importanza dei gesti quotidiani - dovrebbe farci riflettere su cosa significa davvero essere cittadini. Eppure, in una città che spesso si perde dietro alle polemiche di superficie, la morte di Beniamino rischia di passare come una nota a margine.
Contemporaneamente, le voci corrono più veloci della verità in corso Cabassi, dove una semplice lite verbale viene trasformata in "rissa" dall'alchimia dell'allarmismo politico. È curioso come certi episodi prendano il volo prima ancora di essere verificati, mentre altri - quelli che contano davvero - scivolano nel silenzio. I Carabinieri ridimensionano, le "fonti autorevoli" correggono, ma il danno è fatto: l'amplificazione precede sempre la verifica.
E poi c'è la cronaca che ci tocca il cuore: quando la casa diventa teatro di paura per un bambino di appena un anno. Un incidente domestico che ci ricorda la fragilità dell'esistenza e l'importanza di ciò che spesso diamo per scontato. L'elisoccorso verso Parma, le sirene, l'angoscia di una famiglia: questa sì è cronaca vera, quella che merita la prima pagina dei nostri pensieri.
Ma forse il caso più emblematico del nostro tempo è il mistero dell'ex mulino che fa litigare ciclisti e automobili. Un progetto semplice - allargare una ciclabile - che si trasforma in un labirinto burocratico da 22mila euro, per poi essere abbandonato con un "risparmio" di 11mila euro. Il professionista viene penalizzato per aver fatto "troppo bene" il suo lavoro, i ciclisti continuano a rischiare la vita in via Roosevelt, e l'ex mulino della Gabarda resta lì, testimone silenzioso della nostra incapacità di semplificare le cose semplici.
È il paradosso di una città che sa mobilitare energie straordinarie per questioni marginali, mentre fatica a risolvere i problemi quotidiani. Che trasforma una discussione animata in caso nazionale, ma non riesce a allargare una pista ciclabile senza perdersi in un dedalo di carte e sopralluoghi.
Carpi ha bisogno di ritrovare il senso delle proporzioni. Di onorare la memoria di cittadini come Beniamino Malavasi, che hanno fatto della cultura e del servizio pubblico una missione. Di proteggere i suoi bambini senza trasformare ogni piccolo incidente in dramma. Di distinguere tra le emergenze vere e quelle inventate. E soprattutto, di ricordarsi che spesso le soluzioni più semplici sono anche le migliori: per allargare una strada basta allargare una strada, non riprogettare mezza città.