Ieri a Carpi si è consumato un piccolo teatro della contemporaneità italiana, dove promesse politiche e ribellioni operaie si sono intrecciate in una rappresentazione che avrebbe fatto sorridere Pirandello. Da una parte l'annuncio trionfale del nuovo ospedale, dall'altra la pazienza esaurita dei 500 lavoratori Vantive che hanno deciso di alzare la voce. Nel mezzo, lo sciopero dei farmacisti e l'ennesimo partito che promette di svegliare tutti.
Iniziamo dal caso Vantive-Gambro, dove cinquecento anime perbene hanno finalmente detto basta ai silenzi di una multinazionale che cambia nome più spesso di un attore di vaudeville. Nata Dasco nel 1962, poi Gambro, quindi Baxter, oggi Vantive: una metamorfosi kafkiana che però non nasconde la sostanza. Il problema non è l'identità fluida dell'azienda, ma la sua strategia altrettanto fluida verso un territorio che per sessant'anni le ha dato tutto.
L'ironia della sorte vuole che mentre i lavoratori di Medolla chiedono chiarezza sul loro futuro, a Carpi si festeggi per un ospedale che verrà. I rappresentanti del PD si congratulano per il "paziente lavoro di mediazione", dimenticando che la pazienza, evidentemente, non è una virtù universalmente apprezzata dai lavoratori dell'area. Sessantanove milioni di euro per il nuovo ospedale contro tredici mesi di contratto di solidarietà su diciassette per chi produce le macchine che salvano vite umane. Il paradosso è servito.
Ma il teatro di ieri non finisce qui. Mentre i farmacisti scioperavano per il rinnovo contrattuale, i cittadini carpigiani hanno scoperto che la sostenibilità economica ha mille facce: quella della farmacia del centro città non è la stessa di quella dell'Appennino, proprio come la multinazionale americana non ragiona come l'imprenditore locale. Una lezione di economia applicata che forse dovremmo mettere nei manuali.
E poi c'è ORA!, l'ennesimo movimento che promette di essere diverso, di svegliare tutti dal torpore della politica tradizionale. Sabato saranno a Sassuolo, Formigine e Bomporto con i loro gazebo della speranza. Chissà se avranno qualcosa da dire ai cinquecento di Vantive o se la loro sveglia suonerà solo per i delusi del centro che non trovano casa né a destra né a sinistra.
La narrazione del progresso carpigiano procede su binari paralleli che non si incontrano mai: da una parte l'innovazione sanitaria con partenariati pubblico-privato, dall'altra la crisi industriale di un distretto biomedico che rischia di svuotarsi come una vescica renale mal funzionante. Il "metodo Modena" tanto decantato dal direttore dell'Ausl sembra funzionare meglio per costruire ospedali che per mantenere fabbriche.
Carpi si trova così davanti a uno specchio deformante: città che guarda al futuro con un ospedale all'avanguardia, ma che rischia di perdere pezzi del suo presente industriale. I 267 milioni di investimenti regionali in sanità suonano come una sinfonia di speranza, mentre i silenzi di Vantive risuonano come un requiem per un modello di sviluppo che credevamo consolidato.
Forse la vera lezione di questa giornata carpigiana sta nella scoperta che il tempo della politica e quello dell'economia viaggiano a velocità diverse. I primi fanno piani decennali per ospedali, i secondi ragionano per trimestri e bilanci. Nel mezzo ci sono le persone, che aspettano risposte concrete e immediate. E quando la pazienza finisce, alzano la voce. È l'unica cosa che resta loro da fare in questo teatro dove ognuno recita la sua parte, ma il copione finale non lo conosce nessuno.