Ieri la nostra Carpi ha vissuto una di quelle giornate in cui il microcosmo cittadino riflette perfettamente le contraddizioni del macrocosmo nazionale. Mentre il ministro Nordio filosofeggiava sui codici genetici che non accetterebbero la parità, il sindaco Righi rispondeva con la fermezza di chi sa che la cultura può tutto, compreso emendare presunti difetti cromosomici. Una lezione di civiltà che partiva dalla periferia per arrivare al centro, geografico e morale, della questione.
La coincidenza temporale non poteva essere più eloquente: a pochi giorni dalla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, Carpi si trovava a dover gestire contemporaneamente questioni di grande respiro etico e problemi più prosaicamente terrestri. Perché mentre Righi smontava pezzo per pezzo le argomentazioni pseudoscientifiche del guardasigilli, via Abetone diventava teatro di uno scontro che ha coinvolto cinque persone, ricordandoci che la fragilità umana non ha bisogno di giustificazioni genetiche per manifestarsi.
C'è qualcosa di profondamente simbolico nel modo in cui la nostra città ha affrontato questi eventi. Da una parte la fermezza intellettuale di chi rifiuta determinismi biologici comodi quanto falsi, dall'altra l'immediata mobilitazione di vigili del fuoco e sanitari per soccorrere chi si trovava intrappolato nelle lamiere. Due facce della stessa medaglia: la capacità di reagire con la mente e con il cuore, con l'argomentazione e con l'azione.
Non meno significativo il fatto che il centro storico sia stato teatro di un'operazione antidroga che ha portato al sequestro di 350 grammi di hashish. Il sagrato del Duomo trasformato in piazza di spaccio ci ricorda che certi problemi non risparmiano nemmeno i luoghi più simbolici. Ma anche qui, la risposta è stata all'altezza: professionalità, discrezione, efficacia. Senza proclami, senza teoremi sui geni del crimine.
L'ironia della storia vuole che proprio in una giornata dedicata alle attività culturali - con la riapertura di San Nicolò dopo dodici anni e gli spettacoli del Kataklò - sia emersa con particolare evidenza la centralità della cultura come antidoto ai determinismi. Non è forse significativo che una chiesa risorta dalle macerie del terremoto riapra i battenti proprio mentre si discute di resilienza e rinascita? Non è forse simbolico che la danza visionaria del Kataklò celebri la capacità umana di reinventarsi, proprio mentre qualcuno vorrebbe inchiodarci ai nostri presunti limiti biologici?
La verità è che Carpi ha dimostrato ieri, ancora una volta, di possedere quella che potremmo chiamare "intelligenza civica": la capacità di tenere insieme rigore intellettuale e pragmatismo operativo, visione etica e concretezza amministrativa. Dal sindaco che non si lascia intimidire da ministri improvvisati genetisti, agli operatori che salvano vite umane, agli agenti che presidiano la legalità nei luoghi più centrali della città.
Forse è proprio questo il vero DNA di Carpi: non quello immaginario che ci condannerebbe a determinismi biologici, ma quello culturale che ci spinge a credere che si possa sempre fare meglio, che i problemi abbiano soluzioni, che la civiltà sia un cantiere sempre aperto. Un patrimonio genetico particolare, il nostro: quello che si trasmette attraverso l'educazione, l'esempio, la responsabilità condivisa.
E mentre altrove si teorizza sull'immutabilità della natura umana, la nostra città continua testardamente a dimostrare che l'unico codice che conta davvero è quello civile. Quello scritto non nei cromosomi, ma nella capacità quotidiana di scegliere la parte giusta della storia.