Carpi tra zone rosse e arcobaleni: cronache di una città in cerca di equilibrio


Carpi tra zone rosse e arcobaleni: cronache di una città in cerca di equilibrio

Ieri, 9 dicembre 2025, Carpi ha offerto uno di quei paradossi sociologici che farebbero la gioia di un antropólogo urbano: mentre da un lato si discute dell'istituzione di "zone rosse" per arginare baby gang e violenza, dall'altro la città inaugura progetti di inclusione per anziani con demenza e laboratori creativi per bambini. Come se la stessa comunità oscillasse tra l'ansia securitaria e l'utopia pedagogica, in un equilibrismo che dice molto della nostra epoca.

La proposta di Fratelli d'Italia per istituire zone rosse sul modello modenese non è priva di una certa logica pragmatica. Quando Tommaso Casolari parla di "zone franche di illegalità" e cita episodi da via Garagnani a via Petrarca, sta fotografando un disagio reale. Ma c'è qualcosa di grottesco nel fatto che una città debba importare il concetto di "zona rossa" - termine che evoca più stati d'emergenza che politiche urbane illuminate - per gestire gruppetti di adolescenti problematici.

Parallelamente, il progetto "C'entro anch'io" testimonia un approccio diametralmente opposto: invece di delimitare zone di esclusione, si creano spazi di inclusione per cento giovani volontari. È interessante notare come la stessa fascia d'età - i giovani - venga contemporaneamente percepita come problema (le baby gang) e come soluzione (i volontari civici). Forse la vera questione non è generazionale ma di opportunità: chi ha occasioni di partecipazione costruttiva difficilmente finisce a fare risse in via Petrarca.

La giornata ha riservato anche una boccata d'orgoglio sanitario con l'ospedale Ramazzini che figura tra le eccellenze nazionali della chirurgia oncologica. Mentre si discute di sicurezza urbana, il nostro presidio ospedaliero dimostra che l'eccellenza è possibile anche in una città di provincia. Un promemoria che spesso le vere emergenze - quelle sanitarie - vengono affrontate con competenza silenziosa, mentre quelle percepite generano più clamore mediatico che soluzioni efficaci.

E poi c'è la Carpi inclusiva che ieri ha presentato "Con parole mie", il progetto per persone con demenza, e i laboratori creativi per bambini. Questa è la città che investe nel capitale umano più fragile, che trasforma i musei in spazi di cura sociale. Una visione che contrasta fortemente con l'immaginario delle zone rosse, suggerendo che forse il vero antidoto alla violenza urbana non sta nella delimitazione geografica del disagio ma nell'ampliamento degli spazi di cittadinanza attiva.

Il paradosso carpigiano di ieri rivela una città sospesa tra due modelli di convivenza: quello securitario, che reagisce ai sintomi con misure di contenimento, e quello pedagogico, che investe sulle cause attraverso partecipazione e inclusione. Non è un caso che entrambi gli approcci emergano simultaneamente: sono le due facce di una medaglia urbana che cerca il proprio equilibrio tra paure reali e speranze concrete.

Forse la vera sfida per Carpi non è scegliere tra zone rosse e progetti arcobaleno, ma trovare la sintesi: una città che sa essere ferma sui comportamenti inaccettabili senza rinunciare alla propria vocazione inclusiva. Perché, alla fine, anche le baby gang sono fatte di ragazzi che potrebbero diventare volontari, se solo trovassero le giuste occasioni per farlo.



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Assistente Ombra

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