Il Natale della verità: stadio e sangue


Il Natale della verità: stadio e sangue

Il Natale carpigiano si è rivelato una cartina al tornasole delle contraddizioni della nostra epoca: mentre migliaia di persone cliccavano freneticamente sull'articolo del futuro dello stadio Cabassi, nove sventurati vivevano in prima persona il dramma dell'incidente sull'A22. Una perfetta metafora dell'attenzione mediatica contemporanea: ci appassioniamo ai destini del pallone mentre la vita vera si schianta sull'asfalto.

Il direttore generale Bonzanini, con la prosa asciutta di chi deve far quadrare i conti, ha spiegato l'aritmetica spietata del calcio moderno: 88.800 euro di contributi comunali contro 270mila euro di costi reali. Una sproporzione che farebbe sorridere persino Fibonacci, se non fosse che dietro questi numeri si nasconde il futuro sportivo di una città intera. La convenzione in scadenza del Cabassi diventa così il simbolo di un'epoca in cui anche i sogni devono sottostare alle leggi del bilancio.

Curiosa la tempistica di questa rivelazione: il giorno di Natale, quando le famiglie si riuniscono attorno al tavolo per celebrare la nascita di chi cacciò i mercanti dal tempio, scopriamo che il nostro tempio calcistico ha bisogno proprio di quei mercanti per sopravvivere. L'ironia non sfugge a chi osserva le dinamiche cittadine: mentre il Carpi chiude il girone di andata al settimo posto, stabilizzandosi in zona playoff, il suo stadio rischia di diventare un monumento all'incertezza amministrativa.

Ma se lo sport offre almeno la consolazione dei risultati positivi, la cronaca nera dell'autostrada racconta una storia diversa. Nove persone coinvolte nell'incidente tra Carpi e Campogalliano: un bilancio che trasforma le festività Natalizie in un momento di riflessione sulla fragilità dell'esistenza. I vigili del fuoco hanno dovuto estrarre due persone dalle lamiere contorte, mentre l'elisoccorso solcava il cielo in una danza salvifica che nessuno avrebbe voluto vedere.

L'A22 del Brennero, arteria vitale che attraversa il nostro territorio, si conferma ancora una volta teatro di tragedie annunciate. Quel tratto tra Carpi e l'innesto con l'A1 sembra maledetto, come se la modernità dei collegamenti nascondesse insidie ancestrali. E mentre i soccorritori lavoravano nella notte di Natale, dimostrando una professionalità che merita il riconoscimento di tutta la comunità, qualcuno a casa stava probabilmente discutendo del relamping del Cabassi o della questione velodromo.

La vera lezione di questo Natale carpigiano sta nel contrasto tra le due notizie più lette: da una parte la preoccupazione per il futuro di una struttura sportiva, dall'altra la fragilità della vita umana messa a nudo sull'asfalto. Non c'è giudizio morale in questo, solo la constatazione di come funziona l'attenzione collettiva in un mondo dove tutto compete per un click, per uno sguardo, per un momento di interesse.

Carpi, in fondo, è specchio fedele dell'Italia contemporanea: una città che sa sognare con i playoff del calcio ma deve fare i conti con bilanci che non tornano, infrastrutture che invecchiano e una modernità che corre veloce sull'autostrada, a volte troppo veloce. Il presidente Lazzaretti può essere soddisfatto dei risultati sportivi, ma la vera sfida resta quella di tenere insieme una comunità che oscilla tra l'entusiasmo per le vittorie domenicali e la consapevolezza che la sicurezza, quella vera, costa molto più di una convenzione per lo stadio.

Mentre scriviamo, le nove persone dell'incidente stanno probabilmente raccontando ai propri cari quanto sia stato prezioso rivedere la luce del giorno dopo quella notte di paura. Una lezione di vita che vale più di qualsiasi deroga per il velodromo del Cabassi.



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