Il 30 dicembre 2025 si è chiuso lasciando a Carpi un sapore agrodolce, tra il dolore per una perdita che tocca il cuore della comunità e l'ennesimo capitolo di una saga urbanistica che ormai ha assunto i contorni della leggenda metropolitana. Se dovessimo tracciare un bilancio dell'ultimo giorno dell'anno, emergerebbe un ritratto della nostra città che oscilla tra l'autenticità dei sentimenti e l'involontario surrealismo della burocrazia.
La morte di Massimiliano Gelati, il musicista che tutti conoscevano come "Gel", ha rappresentato il momento di maggiore commozione per i carpigiani. La scomparsa di questo artista di 55 anni ha fatto emergere quello che di meglio conserva ancora la nostra comunità: la capacità di riconoscere e onorare chi ha saputo arricchire la vita culturale della città con passione autentica. Gel, con la sua evoluzione in "Gelydharma" - nome che nasceva dalla fusione del suo soprannome con quello della cagnolina condivisa con la compagna Elena - incarnava quella Carpi genuina che sa ancora commuoversi per le storie vere, per chi mette il cuore in quello che fa senza cercare i riflettori.
Dall'altra parte dello spettro cittadino, il cantiere infinito di via Roosevelt continua a regalare sorprese degne di Beckett. L'ennesima chiusura della strada, stavolta per lavori urgenti alla rete idrica, si aggiunge a una collezione di disagi che ha ormai dell'artistico. Federica Carletti ed Enrico Fieni di Fratelli d'Italia alzano nuovamente la voce, ma a questo punto le loro proteste suonano come un coro greco che commenta una tragedia già scritta. Quando un cantiere da 430mila euro si trasforma in un percorso a ostacoli dove "le transenne diventano armi improprie contro passanti ignari", siamo oltre la semplice inefficienza: siamo nel regno dell'assurdo amministrativo.
Il paradosso è che mentre Carpi piange un uomo che ha dedicato la vita alla bellezza della musica, dall'altra parte della città si continua a produrre una sinfonia di disagi che avrebbe fatto sorridere amaro lo stesso Gel. Il contrasto è stridente: da una parte l'autenticità di chi lascia un segno positivo nella comunità, dall'altra la pervicace insistenza nel trasformare una strada in un simbolo di pianificazione inadeguata.
Non è sfuggito ai lettori più attenti che tra le notizie del giorno si sia infilata anche l'aggressione al sacerdote colombiano don Rodrigo a Modena, figura conosciuta anche a Carpi come cappellano della comunità latinoamericana. Anche questo episodio, nella sua drammaticità, ci ricorda quanto sia fragile il tessuto sociale che persone come Gel e don Rodrigo contribuiscono quotidianamente a tessere con la loro dedizione.
La lezione del 30 dicembre è paradossalmente edificante: Carpi sa ancora riconoscere e onorare i suoi figli migliori, come dimostra la commozione per la scomparsa di Massimiliano Gelati. Allo stesso tempo, la città sembra condannata a convivere con un'amministrazione che ha trasformato la riqualificazione di via Roosevelt in una performance involontariamente dadaista, dove l'arte dell'inefficienza ha raggiunto vette sublimi.
Mentre ci avviciniamo al 2026, Carpi si presenta con questa doppia anima: una comunità che sa ancora emozionarsi per le storie vere e un apparato burocratico che continua a regalare spettacoli tragicomici. Forse è proprio questo contrasto a rendere la nostra città autenticamente umana: capace di piangere per chi merita di essere ricordato e di sorridere amaramente per chi, volendo fare il bene della collettività, finisce per trasformare una strada in un monumento all'arte di complicarsi la vita.