Il coraggio di chiamarsi fuori: quando l'odio colpisce anche i nostri giovani


Il coraggio di chiamarsi fuori: quando l'odio colpisce anche i nostri giovani

Non è facile raccontare questa storia. Non perché manchi il materiale - anzi, ce n'è fin troppo da dire - ma perché ogni volta che senti parlare di violenza gratuita, di odio che si scatena contro chi è semplicemente diverso, ti viene un groppo alla gola. E quando poi scopri che la vittima è un ragazzo di casa nostra, un carpigiano di 24 anni, allora le parole pesano ancora di più. Anis Smati, presidente del Rotaract Club di Carpi, stava semplicemente facendo quello che fanno migliaia di giovani ogni giorno: prendere un treno. Sabato pomeriggio, intorno alle 14, è arrivato alla stazione di Parma per lavoro. Studia Design del prodotto all'Accademia di Belle Arti di Bologna, ha la vita davanti e quella voglia di costruire qualcosa di bello che caratterizza chi sceglie di mettersi al servizio degli altri attraverso il volontariato. Invece si è trovato faccia a faccia con il peggio dell'umanità. Un uomo, da dietro, ha cercato di farlo cadere. Quando Anis si è girato chiedendo semplicemente "Tutto a posto?", la risposta è stata un fiume di insulti omofobi seguiti da pugni e testate. Cinque minuti interminabili di botte, mentre la gente guardava. Sette giorni di prognosi, ma soprattutto una ferita nell'anima che non si rimargina con i cerotti. "Non smetto di piangere", ha raccontato il ragazzo. E come dargli torto? Non è solo il dolore fisico, sono gli occhiali rotti, i vestiti strappati, ma soprattutto quell'indifferenza gelida di chi ha assistito senza muovere un dito. "Mi sono sentito solo, invisibile", dice. E questa forse è la parte più dolorosa di tutta la vicenda. L'aggressore - un uomo in regola con i documenti, lucido, non sotto effetto di sostanze - non è nemmeno scappato. È rimasto lì, come se nulla fosse, fino all'arrivo delle forze dell'ordine. Non è stato arrestato. Anis finirà in ospedale, lui a casa sua. C'è qualcosa che non torna in questa equazione, non vi pare? Ma il nostro giovane concittadino ha una maturità che fa speranza: "Non voglio focalizzarmi solo sull'aspetto omofobo, perché sarebbe potuto accadere a chiunque. È il sintomo di un problema sociale più grande". Ha ragione da vendere. La violenza gratuita, l'incapacità di accettare chi è diverso, l'indifferenza di chi assiste: sono tutti pezzi dello stesso puzzle malato. "Ho vissuto tre anni a Parma e più di metà della mia vita in Tunisia, e non ho mai subito aggressioni simili", racconta Anis. Pensate un po': un ragazzo che ha vissuto in paesi con culture diverse non aveva mai incontrato tanta cattiveria. Poi arriva in una stazione italiana, in pieno giorno, e si ritrova pestato per strada. Ora sporgerà denuncia, com'è giusto che sia. "Invito tutte le persone che hanno subito aggressioni a denunciare sempre", dice con la voce ancora rotta dall'emozione. "Finché chi usa violenza resterà impunito, la violenza continuerà a sentirsi autorizzata". Anis ha paura di prendere il treno per andare a scuola o al lavoro. Un ragazzo di 24 anni, presidente di un club di servizio, studente universitario, ha paura di muoversi liberamente nel proprio paese. Se non è questo il segno che qualcosa si è rotto nel tessuto sociale, allora cos'altro deve succedere? A lui va la solidarietà di tutti noi, ma soprattutto va la promessa che non resterà solo. Perché quando toccano uno di noi, toccano tutti noi. E Carpi sa bene come stringersi attorno ai suoi figli quando serve.

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