Quando la burocrazia ecclesiastica si mette in moto, spesso dimentica che dietro ogni parrocchia c'è un pastore con le sue convinzioni. È il caso di
don Antonio Dotti, parroco di
Quartirolo, che ha fatto una scelta tanto netta quanto coraggiosa: se l'unificazione delle diocesi di Modena e Carpi dovesse andare in porto, lui farà le valigie e si trasferirà a Padova.
Una decisione che fa rumore
La notizia, sussurrata prima negli uffici diocesani e poi comunicata direttamente ai parrocchiani dal sacerdote stesso, ha l'effetto di un sasso nello stagno.
Don Dotti non ha mai nascosto la sua contrarietà al progetto di fusione tra le due diocesi, e ora mette in pratica quello che i carpigiani chiamerebbero "coerenza fino in fondo". Il parroco di Quartirolo avrebbe già preso contatti con il
Vescovo di Padova, preparando così la sua via d'uscita da una situazione che evidentemente non condivide. Una mossa che testimonia quanto sia profondo il suo dissenso verso un'operazione che molti vedono più come una necessità amministrativa che come un'autentica spinta pastorale.
Il carro davanti ai buoi
Ma ecco il colpo di scena che potrebbe cambiare tutto: l'unificazione potrebbe essere stata pianificata con troppa fretta. Il
cardinale Robert Francis Prevost, ora diventato
papa Leone XIV, era il Prefetto della Congregazione dei Vescovi, figura chiave per dare il via libera definitivo al progetto. Solo che il nuovo Prefetto si è insediato appena un mese e mezzo fa, il che significa che tutto l'iter burocratico è andato avanti senza il parere di chi doveva darlo. Come dire: hanno costruito la casa senza chiedere il permesso al Comune.
L'ultima carta sul tavolo
Per
don Dotti rimane una sola possibilità di rimanere nella sua Carpi: che l'intera procedura di unificazione faccia un passo indietro. Un'eventualità che potrebbe verificarsi proprio per i vizi procedurali emersi, visto che la decisione finale spetta comunque al
Pontefice, che dovrà sentire il parere del
Nunzio apostolico.
Tra tradizione e cambiamento
La vicenda del parroco di Quartirolo rappresenta più di una semplice questione amministrativa. È lo specchio di una Chiesa che fatica a trovare l'equilibrio tra le necessità organizzative e l'identità territoriale che ogni diocesi porta con sé da secoli.
Don Dotti, con la sua scelta, pone una domanda scomoda: vale davvero la pena cancellare tradizioni e legami consolidati sull'altare dell'efficienza? La risposta, forse, non sta nei documenti vaticani, ma nel cuore delle comunità che rischiano di perdere un pezzo della loro storia.