Il richiamo di Verrini alla memoria
Era il 22 dicembre quando in Consiglio comunale si è consumata l'ennesima spaccatura sul
bilancio di previsione 2027-2029. Approvato solo con i voti della maggioranza, ha riacceso le tensioni che ormai caratterizzano la vita politica locale. Ma a colpire non è stata tanto la sostanza della manovra, quanto una riflessione che ha attraversato l'aula come una freccia dritta al cuore della questione.
Un'osservazione che ha fatto riflettere
Giorgio Verrini, consigliere di
Carpi a Colori, ha pronunciato parole che hanno risuonato tra i banchi del consiglio, tanto da essere citate da più colleghi durante il dibattito. Non ha parlato di cifre o di progetti specifici, ma di qualcosa di più profondo: la perdita del senso del bene comune nella politica carpigiana. Il suo ragionamento è semplice e nostalgico al tempo stesso. Dove sono finiti i tempi in cui, pur nel mezzo di scontri ideologici feroci - quelli della guerra fredda, quando il mondo era diviso in blocchi contrapposti - la politica locale riusciva a trovare una sintesi? Quando l'interesse della città veniva prima dell'interesse di partito?
La testimonianza di Vittorino Carra
Verrini ha ricordato una confessione che l'onorevole democristiano
Vittorino Carra fece tempo fa: l'80 per cento delle delibere consiliari passava con il voto favorevole di entrambi gli schieramenti. Un dato che oggi suona quasi incredibile, in un'epoca in cui ogni decisione diventa occasione di battaglia politica. Era un'altra Carpi, quella. Un tempo in cui, nonostante le differenze ideologiche fossero forse più marcate di oggi, esisteva ancora la capacità di distinguere tra la politica nazionale e quella locale, tra gli interessi di partito e quelli della comunità.
La diagnosi di un male moderno
L'analisi di
Verrini tocca un nervo scoperto della politica contemporanea, non solo carpigiana. La "partitocrazia" ha fagocitato anche gli spazi dove una volta regnava il pragmatismo del "fare per la città". Il risultato? Consigli comunali trasformati in arene dove si consumano vendette e si preparano le prossime campagne elettorali, mentre i veri problemi dei cittadini restano sullo sfondo. Il bilancio 2027-2029, approvato ieri sera, diventa così l'ennesima occasione mancata di dialogo costruttivo. Non importa se i progetti siano validi o migliorabili: l'importante è marcare la distanza, rivendicare la propria identità politica, prepararsi al prossimo round elettorale.
Una lezione dal passato
La memoria storica che
Verrini ha evocato non è nostalgia sterile, ma un monito per il presente. Quei consiglieri di una volta, democristiani e comunisti che si scannavano sui massimi sistemi ma sapevano collaborare sui marciapiedi e sui semafori, avevano capito una cosa semplice:
Carpi viene prima del partito. Oggi, nell'epoca dei social network e della comunicazione permanente, ogni gesto politico deve essere performativo, ogni voto deve mandare un messaggio. Il rischio è che, a furia di mandare messaggi, si dimentichi di governare davvero la città. La provocazione di
Verrini resta sospesa nell'aria del consiglio comunale, in attesa che qualcuno la raccolga. Ma i segnali, almeno per ora, non sono incoraggianti.