Quando i numeri raccontano le nostalgie: tremilaseicento carpigiani nel mondo


Quando i numeri raccontano le nostalgie: tremilaseicento carpigiani nel mondo

La sala del convegno si riempie di sussurri quando Delfina Licata sgrana le cifre come un rosario della modernità: da poco più di mille nel 2006 a tremilaseicento carpigiani sparsi per il mondo nel 2024. Un aumento del 251% che sa più di emorragia che di crescita, eppure dietro ogni numero c'è una storia, una valigia, un sogno che non trovava posto tra le nostre vie. Il Festival della Migrazione ha fatto tappa a Carpi con un convegno che aveva il sapore amaro della verità: "Partenze e ripartenze: l'Italia che siamo". Un titolo che è già un programma, promosso da Migrantes Interdiocesana Carpi-Modena, Consulta per l'Integrazione dell'Unione Terre d'Argine e Comune di Carpi. Perché quando si parla di partenze, Carpi non può fingere di non sentire. Maria Chiara Prodi, segretaria generale del Consiglio Generale degli Italiani all'Estero, ha dipinto un quadro che fa riflettere: l'Emilia-Romagna è la quarta regione italiana per partenze, con un incremento del 161,5% in vent'anni. Non sono fughe, ha spiegato con una metafora che sa di asfalto e di futuro, sono "autostrade" che vanno mantenute percorribili per tutti, che si viaggi in utilitaria o in TIR. Il sindaco Riccardo Righi ha aperto i lavori sapendo bene che ogni dato presentato da Delfina Licata, responsabile scientifica del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, riguardava anche i suoi concittadini. Sei milioni e 380mila italiani vivono oggi all'estero, 156mila hanno lasciato il Paese nel 2024 (+36,5% rispetto al 2023). «Ci raccontano che l'Italia non emigra più. È falso», ha tagliato corto la Licata. «L'Italia continua a partire: l'emigrazione è un fenomeno strutturale, non un'eccezione». Ma c'è un particolare che fa ancora più male: non si parte più solo per necessità. Su dieci persone intervistate, solo due parlano di occupazione. Le altre otto partono per "realizzare se stesse". È una migrazione esistenziale prima che economica, ha spiegato la ricercatrice. Come dire che non basta più il lavoro, servono orizzonti più larghi di quelli che offre il campanile di casa. Elena Ugolini, vicepresidente della Consulta degli Emiliano-Romagnoli nel Mondo, ha portato la testimonianza di chi questo fenomeno lo vive dall'interno: tra 2010 e 2025 gli emiliano-romagnoli iscritti all'AIRE sono passati da 129mila a 265mila. Ci sono 80 associazioni di emiliano-romagnoli nel mondo, erano 42 pochi anni fa. «Se non si mantiene il legame, si perdono lingua e cultura», ha avvertito, ricordando l'importanza di questi "ponti tra le nostre città e il mondo". Il momento più toccante è arrivato con don Antonio Serra, coordinatore nazionale delle Missioni cattoliche italiane in Gran Bretagna, che ha abbandonato le statistiche per la poesia: «Dietro ogni numero c'è un volto, una storia, una figlia, un fratello. Non sono dati: sono persone». E poi quella metafora che resta: «Un fiume parte da una sorgente — famiglia, cultura, città — ma si nutre di ciò che incontra e irriga ciò che attraversa». Stefano Croci, condirettore di Migrantes Interdiocesana Carpi-Modena, ha presentato sette testimonianze raccolte tra studenti, lavoratori e famiglie. Storie che parlano di nostalgia ma anche di crescita, di radici che si allungano invece di spezzarsi. Il convegno, moderato da Gianfranco Coda e aperto dall'intervento del portavoce del Festival Edoardo Patriarca, si è chiuso con un messaggio che suona come un invito alla riflessione: «Partire non significa fuggire. Significa cercare una forma più autentica di sé, portandosi dietro un pezzo di casa». Resta da chiedersi se questa città, che ha visto crescere del 251% i suoi figli sparsi per il mondo, saprà come Delfina Licata suggerisce, non solo trattenere ma attrarre. Perché, come ha detto con una certa amarezza la ricercatrice, «viviamo una mobilità malata: non perché le persone partono, ma perché non riescono facilmente a tornare». E forse è proprio questo il compito che ci aspetta: guarire questa malattia della lontananza, un carpigiano alla volta.

Visualizza le fonti dell'articolo