Quando il lavoro di cura diventa una battaglia per la dignità


Quando il lavoro di cura diventa una battaglia per la dignità

Una giornata di silenzio nelle corsie delle case di riposo. È quello che è accaduto venerdì scorso, quando 430 operatori sociosanitari della provincia di Modena hanno incrociato le braccia, unendosi a oltre 10.800 colleghi in tutto il paese in una protesta che ha il sapore di una richiesta di dignità negata. A Carpi, la Residenza Prima Rosa si è fermata insieme ad altre dieci strutture della provincia – da Villa Anna a Villa Margherita a Modena, dalla Villa Sorriso di Marano sul Panaro al Residence Sagittario di Vignola. Uno sciopero che ha coinvolto chi ogni giorno si prende cura dei nostri anziani, dei nostri fragili, di chi ha bisogno di una mano per alzarsi dal letto o per ricordare il proprio nome. La protesta, indetta unitariamente da Fp Cgil, Cisl Fp, Fisascat Cisl, Uil Fpl e Uiltucs, nasce da una ferita profonda: l'associazione dei datori di lavoro Anaste ha firmato un nuovo contratto che, secondo i sindacati confederali, "mortifica i lavoratori" invece di riconoscere il valore del loro impegno quotidiano. Il paradosso di un lavoro essenziale ma sottovalutato È una storia che si ripete: chi si occupa di assistenza – per la maggior parte donne, operatori socio sanitari, infermieri ed educatori – si trova a lottare non solo contro la stanchezza di turni massacranti e l'emotività di un lavoro che tocca il cuore, ma anche contro contratti che non riconoscono né economicamente né normativamente la centralità del loro ruolo. Il nuovo accordo siglato da Anaste con sindacati "scarsamente rappresentativi" – così li definiscono le organizzazioni confederali – non solo non prevede aumenti salariali adeguati al caro vita, ma peggiora addirittura alcune tutele fondamentali come il comporto di malattia. Un controsenso per chi lavora a stretto contatto con la fragilità e ha bisogno, più di altri, di sentirsi tutelato quando è la propria salute a vacillare. La cura che cura chi cura Dietro ogni persona anziana che riceve assistenza nella Residenza Prima Rosa di Carpi o nelle altre strutture coinvolte, c'è qualcuno che ha scelto di fare della cura degli altri il proprio mestiere. Non è solo lavoro, è vocazione. E una vocazione merita rispetto, non solo a parole ma nei fatti concreti: salari giusti, orari sostenibili, tutele adeguate. La protesta di venerdì non è stata solo l'ennesimo sciopero di categoria. È stata la voce di chi ogni giorno dimostra che la società può essere più umana, ma che chiede in cambio di essere trattato con la stessa umanità che offre. Perché se non si prende cura di chi cura, alla fine si perde tutti: lavoratori, anziani, e quel tessuto sociale che rende una comunità davvero tale. Ora la palla passa ad Anaste: sarà capace di ascoltare o continuerà a voltare le spalle a chi, ogni giorno, alza gli altri?

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