Il dilemma verde di Carpi
Nel salotto buono della
piazza dei Martiri, dove i carpigiani si incontrano per il caffè mattutino e le chiacchiere serali, da qualche tempo si discute animatamente del futuro
ospedale Ramazzini. Non è la solita polemica da bar, questa volta. È una questione che tocca il cuore stesso della nostra comunità: il progresso sanitario può andare di pari passo con il rispetto dell'ambiente?
Le cifre che fanno riflettere
Il
Comitato Carpi per la Giustizia climatica e sociale ha messo sul tavolo numeri che non lasciano indifferenti. Il nuovo ospedale, spiegano gli attivisti, produrrebbe ogni anno
oltre 5mila tonnellate di CO2. Per darvi un'idea, è come se improvvisamente a Carpi circolassero mille auto in più tutti i giorni dell'anno. La vegetazione che verrà piantata intorno alla struttura assorbirà, una volta cresciuta,
523 tonnellate di anidride carbonica. Un bel gesto, certo, ma che copre appena un decimo delle emissioni totali. È come mettere un cerotto su una ferita che richiede punti di sutura.
Il suolo che se ne va
Ma c'è dell'altro. Quei
5,7 ettari che verranno cementificati oggi assorbono, da campi agricoli quali sono,
1.372 tonnellate di CO2 all'anno. Domani ne assorbiranno tre volte di meno. Il
Comitato non usa mezzi termini: "Un altro duro colpo al già fragilissimo territorio carpigiano". Carpi ha già il
20% del suolo cementificato. Per chi ha la mia età e ricorda i campi di grano che arrivavano fin quasi al centro, questi numeri raccontano una storia di trasformazione che forse andrebbe ripensata. Le ricerche di
Legambiente confermano che la provincia di Modena guida purtroppo la classifica regionale per consumo di suolo, con oltre 130 ettari divorati dal cemento solo tra il 2020 e il 2021.
L'alternativa che divide
I membri del
Comitato, pur sapendo di rischiare l'impopolarità - e qui ci vuole coraggio, parliamoci chiaro - propongono una strada diversa. Ristrutturare l'attuale ospedale con "tecniche di costruzione nordiche", sostituendo progressivamente parti dell'edificio senza fermare l'attività sanitaria. Un'idea affascinante, che però si scontra con quella che il
Comitato definisce la "coazione a consumare" della società contemporanea: buttare il vecchio per fare il nuovo, sempre e comunque. Una riflessione che ci riguarda tutti, dalle nostre case ai nostri quartieri.
Tra salute e ambiente
Qui sta il nodo della questione, cari concittadini. Da una parte abbiamo bisogno di un ospedale moderno, efficiente, all'altezza delle sfide sanitarie del futuro. Dall'altra, non possiamo ignorare che ogni metro quadro di suolo perso è un piccolo pezzo del nostro futuro che se ne va. Il confronto è appena iniziato, e sarà interessante vedere come la nostra comunità saprà bilanciare progresso sanitario e sostenibilità ambientale. Perché alla fine, di questa terra e di questo ospedale, ne abbiamo uno solo.