Quando la cura diventa ascolto: a Modena si parla di diabete con il cuore


Quando la cura diventa ascolto: a Modena si parla di diabete con il cuore
A Modena, nel cuore del Policlinico universitario, si è tenuto un convegno che ha ribaltato il modo di vedere la cura del diabete. Non il solito incontro tra camici bianchi e slide piene di numeri, ma un momento di riflessione profonda su cosa significhi davvero prendersi cura di una persona che si trova a fare i conti con una malattia cronica.

Il secondo appuntamento che fa la differenza

Il Centro Servizi della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Modena e Reggio Emilia ha ospitato il secondo Convegno del Gruppo Interassociativo SID-AMD sull'Educazione Terapeutica in Diabetologia (GISED), dal titolo evocativo "Le reti in diabetologia: esperienze, limiti, potenzialità". Un titolo che già dice tutto: non basta curare, bisogna creare reti, tessere rapporti, costruire ponti tra il mondo sanitario e quello umano.

Una sinfonia di competenze al servizio del paziente

L'evento, promosso dall'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena con il patrocinio di istituzioni di peso come Unimore, la Federazione Diabete Emilia-Romagna ODV, l'Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Modena e l'Ausl di Modena, ha riunito esperti, operatori sanitari e rappresentanti delle associazioni di pazienti. Un tavolo dove tutti hanno voce in capitolo, perché la malattia non guarda in faccia a gerarchie o titoli accademici.

Quando l'intelligenza artificiale incontra l'umanità

I partecipanti hanno anche avuto l'opportunità di visitare una mostra dal titolo provocatorio: "Siamo davvero unici?". Un percorso educativo realizzato da insegnanti e studenti che si interroga sulle sfide dell'intelligenza artificiale. Una domanda che suona come un monito: in un'epoca in cui la tecnologia può tutto, cosa resta dell'unicità del rapporto umano nella cura?

Le parole che curano più dei farmaci

Ma il momento che ha davvero colpito nel segno è stato l'intervento della dottoressa Laura Tonutti, diabetologa e coordinatrice nazionale del GISED. Con la semplicità di chi ha capito che la medicina è prima di tutto un atto d'amore, ha ricordato una verità spesso dimenticata: l'educazione terapeutica non è una lezione universitaria, ma un processo profondamente umano.

Il terremoto emotivo della diagnosi

"Affrontare il diabete è uno shock", ha spiegato la dottoressa Tonutti, "il paziente è chiamato a riorganizzare la propria quotidianità fin dai gesti più semplici". Parole che pesano come macigni per chi si è sentito dire "ha il diabete" e ha visto crollare le certezze di una vita. Ma ecco che arriva il bello del suo discorso: "Conoscere il paziente significa conoscere la sua storia, il suo vissuto, ciò che pensa della condizione in cui si trova, i suoi sogni, le sue aspettative". Non è un elenco di sintomi da compilare in fretta tra una visita e l'altra, ma un'immersione nella vita di una persona.

Il tempo della cura non ha fretta

"Non è un processo che si esaurisce nelle prime ore", ha continuato la dottoressa, ricordando che la cura vera non conosce l'orologio da visita. E poi quella frase che dovrebbe essere incisa all'ingresso di ogni ambulatorio: "A volte il primo passo è semplicemente uno sguardo, un sorriso". In un mondo che corre sempre più veloce, dove l'efficienza viene prima dell'efficacia umana, queste parole suonano come una rivoluzione gentile. Perché a volte, per curare davvero, basta fermarsi, guardare negli occhi il paziente e sorridere. Il resto, forse, viene da sé. Un convegno che ha dimostrato come la medicina del futuro non possa prescindere dalla medicina del cuore. E questo, cari lettori, è un insegnamento che vale oro, non solo per chi si occupa di diabete, ma per chiunque si trovi ad attraversare i corridoi bianchi della sofferenza umana.
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