La musica che viene dal cuore
Quando
Nilo Pacenza parla del Faith Gospel Choir, nei suoi occhi si accende quella scintilla che solo chi ha trovato la propria strada sa riconoscere. "Faith significa fede", dice con la semplicità di chi sa che le parole più vere sono spesso le più semplici. "Ogni volta che cantiamo manifestiamo ciò in cui crediamo". E così, tra le mura di Carpi, da vent'anni risuonano voci che portano l'anima dell'America afroamericana, quella fatta di sofferenza trasformata in speranza, di catene spezzate che diventano note musicali.
Una storia che inizia con un seminario
Era il settembre del
2005 quando tutto ebbe inizio. Un seminario con il maestro afroamericano
Nehemiah Hunter Brown aveva scosso le coscienze musicali carpigiane pochi mesi prima, quel giugno che sa di promesse estive. Da quell'incontro nacque qualcosa di più grande: un coro che non si accontentava di cantare, ma voleva comprendere.
Rossana Bonvento e
Marco Beri si unirono al progetto e nel luglio
2008 il gruppo si trasformò in associazione culturale. L'obiettivo era ambizioso quanto necessario: "Approfondire lo studio e la pratica del genere musicale Gospel, sia sotto l'aspetto tecnico formale, che nei contenuti e nei loro specifici riferimenti alla fede cristiana e all'origine della storia della schiavitù afroamericana", spiega
Pacenza con quella precisione che tradisce anni di studio e passione.
Ventidue voci, un'anima sola
Oggi il Faith Gospel Choir conta
22 elementi che arrivano da ogni angolo della provincia: da
Carpi naturalmente, ma anche da
Modena,
Concordia,
Mirandola,
Salvaterra. Una piccola diaspora musicale che si ricompone ogni volta che le voci si alzano insieme. Fino al
2022 il coro è cresciuto sotto la guida del reverendo
Nehemiah Hunter Brown, quel maestro che ha sapato infondere nelle voci italiane la sonorità profondamente americana del Gospel autentico. Ora la bacchetta è passata al pianista e tastierista
Luca Bosi, mentre ad accompagnare le performance ci pensano musicisti di razza come il bassista
Vonn Washington, il batterista
Johnatan Hashford e il percussionista
Simone Muracchini.
L'impegno sociale che fa la differenza
Dal
2019 il Faith Gospel Choir è iscritto al registro unico del terzo settore come Associazione per la promozione sociale. Non è un dettaglio burocratico, ma la testimonianza di chi sa che la musica può essere strumento di cambiamento, ponti gettati tra comunità diverse, semi di comprensione in un mondo che troppo spesso preferisce dividere piuttosto che unire.
La grande festa per i vent'anni
E ora arriva il momento della celebrazione.
Domenica 23 novembre alle 19.30, la
Sala delle Vedute di Palazzo dei Pio - quel gioiello architettonico che sa accogliere la cultura con la dignità che merita - ospiterà "It's a long road to...Faith", lo spettacolo che celebra due decenni di musica e passione. Non sarà solo un concerto, ma una reunion dell'anima. Sul palco, insieme al coro attuale e al maestro
Nehemiah Hunter Brown, saliranno "tutti coloro che in questi venti anni hanno fatto un pezzo, più o meno lungo, di strada con noi", promette
Pacenza. "Sarà una celebrazione collettiva molto intensa".
Il messaggio che resta
C'è qualcosa di profondamente umano in questa storia carpigiana. In un'epoca in cui tutto sembra effimero, vedere un gruppo di persone che per vent'anni ha coltivato insieme la passione per la musica Gospel è come ritrovare un'ancora di senso. Perché il Gospel, con le sue radici nella sofferenza e la sua capacità di trasformare il dolore in gioia, ci ricorda che la vera forza sta nel cantare insieme, anche quando - anzi, soprattutto quando - la strada è lunga e faticosa. Come dice
Nilo Pacenza, "durante i nostri concerti spesso spieghiamo il significato delle parole che cantiamo". Perché in fondo, cantare senza capire è come pregare senza fede: un gesto vuoto che non scalda il cuore di nessuno.